Il rapporto CBD/THC: come incide su efficacia ed effetti avversi
Nel dolore e nei sintomi di fine vita si parla spesso di “rapporto CBD/THC”. Non è uno slogan commerciale: indica il bilanciamento tra cannabidiolo e tetraidrocannabinolo che modula tanto i benefici quanto i rischi. THC agisce soprattutto sui recettori CB1 centrali ed è responsabile degli effetti psicoattivi, ma contribuisce all’analgesia; CBD ha meccanismi più complessi e può modulare recettori e sistemi enzimatici, con minore impatto cognitivo. La scelta del rapporto non è standardizzata: dipende dal sintomo da trattare, dal profilo del paziente e dalla via di somministrazione.
Cosa significa “rapporto CBD/THC” nella pratica
Una formulazione bilanciata 1:1 combina quantità simili di THC e CBD. È il caso del nabiximols (spray oromucosale) autorizzato per la spasticità da sclerosi multipla, che eroga circa 2,7 mg di THC e 2,5 mg di CBD per erogazione. Una formulazione CBD-dominante (es. 10:1 o 20:1) tende a ridurre gli effetti psicoattivi e può essere utile in pazienti fragili o con rischio neuropsichiatrico; una THC-dominante si valuta solo quando serve una spinta su appetito, nausea refrattaria o dolore con chiara risposta al THC e con monitoraggio stretto.
Efficacia reale nei sintomi rilevanti in palliativa
Nel dolore cronico i benefici dei cannabinoidi non inalati sono in media modesti: piccole riduzioni di dolore e miglioramenti di sonno e funzione, con differenze cliniche che restano contenute. Per dolore oncologico refrattario agli oppioidi l’evidenza su spray bilanciati o THC puro è incerta o negativa, per cui l’uso non è raccomandato come cardine analgesico. Nella nausea e nel vomito da chemioterapia dronabinol e nabilone (derivati del THC) sono considerati opzioni di salvataggio quando i protocolli standard falliscono; l’associazione bilanciata THC:CBD mostra utilità in studi recenti come terapia aggiuntiva, al prezzo di maggiori effetti avversi. Su appetito e sonno i dati sono eterogenei: il THC tende a stimolare l’appetito e favorire la sedazione serale; il CBD da solo non è un ipnoinducente affidabile. Sul dolore neuropatico i risultati sono misti e dipendono molto dalla popolazione e dalla via, con segnale più consistente nella spasticità da SM con formulazioni 1:1.
Effetti avversi e come il rapporto li influenza
Le reazioni più frequenti con THC includono vertigini, sonnolenza, secchezza delle fauci, tachicardia, ansia o disforia, rallentamento psicomotorio e disturbi di attenzione e memoria. Alte esposizioni o suscettibilità individuale aumentano il rischio di fenomeni psicotici, soprattutto con prodotti ad alto THC. Il CBD ha un profilo neurocognitivo più neutro, ma ad alte dosi può causare sedazione, diarrea e citolisi epatica, in particolare se associato a valproato. Un bilanciamento con più CBD riduce talvolta l’inquietudine da THC, ma non è una garanzia: studi controllati mostrano risultati discordanti, e la sicurezza resta legata alla dose e al paziente.
Interazioni farmacologiche e monitoraggi
Il CBD inibisce CYP2C19 e CYP3A4 e può aumentare le concentrazioni di clobazam e altri substrati; interferisce anche con UGT. Con valproato cresce il rischio di aumento delle transaminasi e serve controllo periodico di ALT/AST e bilirubina. Sono descritti casi di incremento dell’INR con warfarin sia per THC sia per CBD: nei pazienti anticoagulati il rapporto rischio/beneficio va valutato con cautela e con monitoraggi ravvicinati. L’associazione con altri depressori del SNC (benzodiazepine, oppioidi, alcol) potenzia sedazione e rischio di caduta. Nelle comorbidità epatiche o renali importanti preferisco formulazioni più prevedibili, dosi basse e incrementi lenti.
Guida, sicurezza domiciliare e vie di somministrazione
Il THC compromette attenzione, tempo di reazione e controllo del veicolo per diverse ore. Dopo inalazione l’alterazione tende a ridursi in circa cinque–sette ore, dopo ingestione può protrarsi più a lungo. In pratica, con posologie clinicamente efficaci è prudente evitare la guida per tutta la giornata d’uso. Sconsiglio il fumo; privilegio spray oromucosale, oli galenici, decotto o vaporizzazione controllata quando indicata. L’inaspettata variabilità interindividuale impone sempre il principio start low, go slow con rivalutazioni ravvicinate.
Quadro normativo e preparazioni in Italia
In Italia l’uso medico della cannabis è disciplinato dal Decreto del 9 novembre 2015 e successive indicazioni. La produzione nazionale è affidata allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare con varietà standardizzate: FM2 a tenore medio di THC e ricco in CBD, e FM1 più ricco di THC. Lo spray oromucosale a rapporto 1:1 è autorizzato per la spasticità da sclerosi multipla non responsiva ad altre terapie. Altre preparazioni galeniche si allestiscono su prescrizione medica secondo le indicazioni regionali e il piano terapeutico del caso.
Come scelgo il rapporto nella mia pratica
Definisco obiettivo clinico, profilo di rischio e interazioni. In un paziente fragile con ansia o storia psichiatrica, se valuto un tentativo, oriento verso CBD-dominante con titolazione molto graduale, privilegiando vie non inalate. Nella spasticità da SM considero lo spray 1:1 quando opportuno, seguendo criteri di prova/beneficio. Nei sintomi dove il THC ha un razionale (appetito, nausea refrattaria), mi muovo con THC a basse dosi e rivalutazioni strette, integrando sempre la terapia standard. In oncologia il dolore refrattario resta dominio degli oppioidi e della radioterapia palliativa quando indicata; i cannabinoidi sono eventualmente un complemento, non il perno del controllo sintomatologico.
Domande frequenti
Il rapporto 1:1 è “migliore” degli altri?
No. È solo uno standard con dati solidi nella spasticità da SM. Per altri sintomi l’efficacia varia e i benefici medi sono modesti. La scelta è individuale e basata su obiettivi, tolleranza e interazioni.
CBD ad alte dosi è sempre sicuro?
No. Può aumentare le transaminasi, soprattutto con valproato, e interagire con molti farmaci via CYP2C19/3A4. Serve monitoraggio della funzionalità epatica e revisione della terapia in atto.
Cannabis e dolore da cancro: posso ridurre gli oppioidi?
Non ci sono prove robuste di risparmio oppioide clinicamente rilevante. Nei quadro refrattari valuto i cannabinoidi come complemento, ma gli oppioidi restano la base del controllo del dolore.
Chi non dovrebbe usarli?
Controindico o evito con grande prudenza in gravidanza, allattamento, storia personale di psicosi, cardiopatie instabili, età giovanile, deficit cognitivi avanzati o guida abituale di veicoli.
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Presa in carico 24–48 h. Coordinamento con MMG, ADI e rete oncologica territoriale.
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Contenuto a cura del Dr. Francesco Paolo De Lucia.
