Alzheimer e cure palliative
Integrare cure palliative Alzheimer significa lavorare presto su sintomi, decisioni e sostegno alla famiglia. Il percorso dell’Alzheimer è lungo e irregolare; l’obiettivo è qualità di vita, sicurezza e continuità tra casa e hospice. Si interviene su dolore spesso sottostimato, disturbi comportamentali, sonno, ansia/depressione, alimentazione e disfagia, con scelte chiare e proporzionate.
Perché palliative già nelle fasi intermedie
Le palliative non sostituiscono le cure in corso. Aiutano ad anticipare problemi tipici: agitazione serale, vagabondaggio, insonnia, dolore non espresso, stipsi, rischio di cadute, infezioni respiratorie e urinarie. Servono piani semplici, rivalutazioni regolari e contatti rapidi con l’équipe per evitare accessi inutili in ospedale. Per il quadro generale dell’approccio palliativo leggi cosa sono le cure palliative.
Sintomi comportamentali (BPSD): metodo pratico
Prima si cercano cause scatenanti: dolore, ritenzione, fecaloma, infezione, insonnia, ansia ambientale. Si lavora su routine, luce e rumori, attività semplici e sicure, contatto e comunicazione breve. I farmaci si usano solo quando il rischio è alto o falliscono le misure non farmacologiche; si scelgono dosi minime efficaci, si rivaluta spesso e si evita la cronicità non necessaria. Contenzioni fisiche e chimiche non sono “terapia”: aumentano complicanze e vanno evitate salvo situazioni eccezionali e tempo limitato.
Dolore: riconoscerlo e trattarlo
Il dolore nell’Alzheimer è spesso sottovalutato perché i segnali sono scarsi o atipici (agitazione, rifiuto del movimento, espressioni del viso). Si parte da analgesici di base, si aggiungono coadiuvanti se componente neuropatica, si considerano oppioidi con titolazione prudente quando serve. Obiettivo: riposo, mobilità minima, igiene e comfort. Per un approfondimento leggi gestione del dolore.
Alimentazione e disfagia: sicurezza e proporzionalità
Con il progredire della malattia compaiono disfagia, perdita di peso e disidratazione. Si lavora su ambiente tranquillo, posture sicure, consistenze modificate, utensili adeguati e tempi lunghi; l’igiene del cavo orale è quotidiana per ridurre il rischio di polmoniti. L’alimentazione assistita a mano mantiene piacere e relazione; la nutrizione enterale non è di routine nella fase avanzata perché non migliora sopravvivenza né previene aspirazioni. Quando il rischio resta alto si concorda un piano di alimentazione a rischio condiviso, documentando scelte e misure di sicurezza. Per dettagli vedi demenza: prognosi, alimentazione e disfagia.
Infezioni e ricoveri: decisioni proporzionate
Molte riacutizzazioni si possono gestire a casa con piani predefiniti e monitoraggio. Antibiotici e ricovero non sono obbligatori: vanno valutati per beneficio atteso, burden e obiettivi del paziente. Si chiarisce con la famiglia “quando chiamare” e cosa aspettarsi, per ridurre interventi sproporzionati e stress.
Prognosi e pianificazione
Indicatori di prognosi sfavorevole sono perdita di peso, disfagia con aspirazioni, immobilità, ulcere avanzate, infezioni ricorrenti e dipendenza totale. Si usano questi segnali per pianificare assistenza, definire gli obiettivi e scegliere il luogo di cura più sicuro tra domicilio e hospice. La pianificazione anticipata (preferenze, DAT quando presenti) evita scelte affrettate nelle crisi.
Sostegno al caregiver
La famiglia ha bisogno di addestramento pratico: posizioni antidyspnea, igiene della bocca, gestione dei farmaci, prevenzione delle lesioni, uso corretto dei rescue. Servono numeri di contatto rapidi e una checklist semplice; se ti serve, posso fornirti una versione stampabile come nella pagina sull’assistenza oncologica.
Nota clinica. Interventi e decisioni vanno personalizzati e rivalutati nel tempo, documentando obiettivi e scelte con la famiglia.
Contenuto a cura del Dr. Francesco Paolo De Lucia.
