dr.ssa MARIA LUISA MANZI, dr. FRANCESCO PAOLO DE LUCIA
Il nutrimento del corpo ma anche dell’anima ed è il primo contatto che abbiamo con il mondo. Dalla nascita instauriamo con il cibo una vera e propria relazione ed è l’unica relazione vitale che inizia e finisce con noi. Il cibo ha anche un notevole carico simbolico e un ruolo comunicativo e relazionale; nella cultura popolare, soprattutto se parliamo con gli anziani, il cibo e la sua abbondanza sono, da sempre, considerati fattori di benessere. Se è qualcosa di molto importante nella nostra vita, diviene cruciale nella fase terminale della vita.
Calandoci nel contesto delle cure palliative, è noto che, spesso, nelle persone fragili con condizioni cliniche che possono mutare rapidamente, come quelle ricoverate in Hospice, si può incappare nel rischio di malnutrizione, uno stato patologico che peggiora il quadro clinico e la qualità di vita del paziente.
La malnutrizione è una condizione di depauperamento delle riserve energetiche, proteiche e di altri nutrienti dell’organismo tale da compromettere lo stato di salute e comportare, nelle sue forme più gravi, un aumento di morbilità e mortalità. Nei malati oncologici la malnutrizione è ancora più grave poiché spesso non diagnosticata e può seriamente influenzare le possibilità di sopravvivenza.
La perdita di peso aumenta la tossicità indotta dalla radio-chemioterapia, peggiora la sensibilità delle cellule tumorali al trattamento antineoplastico, indebolisce le difese dell’organismo, provoca aumento delle complicanze e scadimento della qualità di vita. Le alterazioni del metabolismo, indotte dal tumore, sono responsabili di uno spreco di calorie e di muscolo con conseguente perdita di peso e quindi di forza fisica, nonché di maggiore affaticamento; tutto ciò si configura come una condizione clinica grave che può sfociare nella cachessia che ha un impatto negativo sulla prognosi, la qualità di vita e la risposta ai trattamenti. La condizione di malnutrizione deve essere considerata prevenibile e reversibile a patto che l’intervento nutrizionale sia il più tempestivo possibile, divenendo parte integrante delle cure oncologiche.
La cachessia è una sindrome multifattoriale che porta ad un progressivo deterioramento clinico-funzionale. È caratterizzata da bilanci proteico ed energetico negativi, legati a ridotto introito calorico e ad alterazioni metaboliche. Gli aspetti caratterizzanti della cachessia neoplastica sono perdita di peso, soprattutto di massa muscolare, e infiammazione. Un ruolo centrale è svolto dalle citochine proinfiammatorie (IL-1, IL-6 e TNF), prodotte sia dal tumore che dal sistema immunitario attivato con effetti deleteri su metabolismo energetico, composizione corporea, stato nutrizionale e funzione immunitaria. I mediatori dell’infiammazione sono responsabili della modifica dei meccanismi centrali che regolano l’appetito e l’assunzione di cibo.
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L’appetito, il senso di sazietà e il gusto sono regolati a livello ipotalamico. La leptina, ormone secreto dal tessuto adiposo, regola l’appetito. La perdita di peso causa perdita di grasso corporeo con conseguente riduzione dei livelli di leptina. Un altro ormone gastroenterico coinvolto nella regolazione dell’appetito è la grelina, prodotta dallo stomaco con azione oressizzante. Un aumento dei livelli di grelina nei pazienti neoplastici è considerato un meccanismo compensatorio per l’anoressia associata alla crescita tumorale. Nella cachessia si riscontra aumento compensatorio della grelina ma nei tessuti si osserva aumentata resistenza ai suoi effetti.
L’atrofia muscolare, tipica del paziente neoplastico, è causata da diminuzione della sintesi proteica e concomitante aumento della degradazione, mediato da sostanze liberate dal tumore (fattore inducente la proteolisi, PIF). La riduzione del grasso corporeo avviene molto rapidamente ed è determinata da più fattori come riduzione dell’apporto nutrizionale, fattori tumorali infiammatori che inibiscono la lipogenesi e promuovono la lipolisi.
A livello muscolare gli ormoni androgeni possiedono effetti anabolici diretti e indiretti. Il testosterone incrementa la massa muscolare, grazie ad aumentata sintesi di miosina; ridotti livelli di questo ormone influenzano la prognosi e si associano ad inappetenza, astenia e diminuzione della qualità di vita.
Uno studio su quasi 2000 pazienti arruolati al momento della prima visita oncologica ha evidenziato che il 51,4% presentava uno stato nutrizionale deficitario: di questi, l’11,9% era già chiaramente malnutrito mentre il 43,5% era a rischio di malnutrizione. Lo studio ha evidenziato che l’incidenza di deficit nutrizionale è più manifesta nei pazienti con tumori che interessano il sistema digestivo (testa, collo, esofago, stomaco, intestino, pancreas) e del polmone con percentuali di malnutrizione che oltrepassano il 60%.
La malnutrizione e la percentuale di perdita di peso e il BMI sono predittori di sopravvivenza, indipendentemente rispetto ai fattori prognostici convenzionali. Dati recenti suggeriscono che i benefici dell’intervento nutrizionale migliorano gli outcome del paziente oncologico. La malnutrizione, infatti, ha un impatto negativo sui risultati della chemioterapia e della radioterapia, alterando il metabolismo del paziente, la cinetica dei farmaci e la dinamica dei processi di guarigione.
La malnutrizione può anche interferire con l’assorbimento, il legame proteico, il metabolismo epatico e l’eliminazione renale dei farmaci e dei loro metaboliti. Come conseguenza della malnutrizione si possono verificare diversi outcome clinici negativi come una ridotta risposta immunitaria, una minore tolleranza alla chemioterapia e alla radioterapia, un’aumentata incidenza di infezioni. La nutrizione è dunque importante per la salute del paziente oncologico e nella pratica clinica il paziente malnutrito o a rischio di malnutrizione necessita di un attento supporto nutrizionale.
I risultati dello studio PreMiO invitano a:
– Essere consapevoli del rischio di malnutrizione, anche in presenza di malattia early stage;
– Condurre uno screening nutrizionale precoce e longitudinale;
– Individuare un trattamento precoce e aggressivo della malnutrizione come parte dei trattamenti di supporto oncologico di routine.
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Quando l’obiettivo della cura non è più la guarigione ma il miglioramento della qualità della vita residua, i bisogni di alimentazione si trasformano, acquisendo significati nuovi e diversi.
Nelle fasi iniziali, con un adeguato counseling nutrizionale, va elaborato un piano dietetico personalizzato, il più possibile rispondente alle preferenze del paziente, che andrà periodicamente revisionato ed adeguato ai risultati raggiunti.
Possono essere somministrati integratori nutrizionali e terapie ormonali con Megestrolo acetato (MA) e Medrossiprogesterone acetato (MPA).
Nella fase di malnutrizione avanzata o di cachessia conclamata, l’obiettivo del trattamento è il recupero del peso corporeo e della massa muscolare, limitando ulteriori peggioramenti attraverso un adeguato supporto nutrizionale dietetico e la somministrazione di megestrolo, medrossiprogesterone e antinfiammatori. Non va trascurata la terapia dei sintomi concomitanti ed il trattamento della neoplasia stessa, al fine di ridurre l’ipercatabolismo.
Nella fase di cachessia refrattaria i trattamenti saranno limitati al controllo dei sintomi e al miglioramento della qualità della vita.
Il supporto nutrizionale deve essere attentamente monitorato e adattato alle condizioni cliniche del paziente. Nelle fasi terminali, l’idratazione e la nutrizione artificiale sono trattamenti indispensabili per stabilire equilibri nutrizionali e tali provvedimenti devono essere presi in seria considerazione, con protocolli rigorosi tali da permettere un intervento che migliori gli outcome.
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I familiari e gli assistenti possono collaborare utilmente, offrendo alimenti in modo rassicurante che incoraggiano la persona a mangiare:
– Proporre il cibo lentamente.
– Offrire piccole porzioni di cibo e piccoli sorsi di bevande.
– Preparare alimenti che siano preferiti, molto saporiti o facili da deglutire.
– Offrire una piccola quantità delle bevande alcoliche preferite, 30 minuti prima dei pasti.
– Soprattutto, permettere alla persona di scegliere quando e cosa mangiare e bere
È opportuno, inoltre, fare altre cure, come lavare i denti, umidificare la bocca con tamponi bagnati, dare cubetti di ghiaccio e applicare burro di cacao: si può, così, dare conforto fisico e psicologico al malato terminale e ai familiari che assistono la persona.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, è indicato anche il Dronabinol, principio psicoattivo della Cannabis. Questo farmaco, registrato per il trattamento della nausea e del vomito nei pazienti in chemioterapia e per la stimolazione dell’appetito nei pazienti con sindrome da deperimento da AIDS, non è in commercio in Italia ma può essere importato dall’estero in base alla procedura prevista dal D.M. 11-2-1997 (Importazione di speciali medicinali registrati all’estero).
Nella nostra esperienza è risultato molto utile l’uso del Megestrolo acetato (Gestoltex®, Megace®, Megesti®, Meprogest®), derivato di sintesi del progesterone, che, oltre ad essere utilizzato per la cura di alcuni tumori (mammella e endometrio) è indicato per il trattamento dell’anoressia e della perdita di peso secondarie a neoplasie o AIDS, in entrambi i sessi.
Il megestrolo si somministra per bocca. La dose è normalmente di una compressa al giorno, ma in taluni casi può essere ripartita in due o più dosi giornaliere. In caso di dose giornaliera unica, la compressa deve essere assunta sempre alla stessa ora; in caso di dose giornaliera frazionata, le compresse devono essere assunte a intervalli regolari. Noi utilizziamo il farmaco sotto forma di sospensione orale alla posologia di 800 mg al giorno; in alternativa, è possibile assumere 625 mg di sospensione concentrata o 800 mg/20 ml di sospensione orale.
L’aumento di peso non rappresenta un effetto collaterale ma un effetto curativo, proprio per l’induzione dell’aumento dell’appetito.
In conclusione, anche in base alla nostra esperienza, ci sentiamo di affermare che la strategia più efficace è un trattamento multidisciplinare che integri agenti farmacologici, supporto nutrizionale e presidi di integrazione psicomotoria del paziente.
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Dr. Francesco Paolo De Lucia
Medico Chirurgo – Cure Palliative – Terapia del dolore
Med. Responsabile “Fondazione Clotilde – Cure Palliative”
Via Provinciale per Comiziano – 80033 – Cicciano (Na)
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