Messaggio chiave: attiva presto le Cure Palliative
L’integrazione precoce delle Cure Palliative alla diagnosi di occlusione intestinale maligna migliora controllo dei sintomi, qualità di vita e allineamento delle scelte cliniche. Approfondisci: Cure Palliative e assistenza domiciliare.
Occlusione intestinale maligna nell’oncologia avanzata: gestione palliativa, integrazione ospedaliera e risultati clinici L’occlusione intestinale maligna rappresenta una complicanza frequente e gravosa nei pazienti oncologici in fase avanzata. Colpisce in modo particolare i tumori del colon-retto e dell’ovaio, ma interessa anche neoplasie gastriche, del tenue e situazioni di carcinosi peritoneale diffusa. Dal punto di vista clinico domina la combinazione di nausea e vomito, dolore addominale a componente continua e colica, arresto del transito a feci e gas, distensione e progressivo scadimento funzionale. Nelle forme senza indicazione a chirurgia palliativa né a proseguire trattamenti oncologici, la prognosi è in genere sfavorevole, con sopravvivenza di poche settimane o pochi mesi, riflesso della malattia sistemica sottostante e del carico sintomatologico persistente. In contesti locali, manuali clinici recenti riportano un’incidenza stimata tra il 3% e il 15% dei pazienti oncologici in fase avanzata, con maggiore frequenza nelle neoplasie colorettali e ovariche e con eziologia meccanica (compressione estrinseca o intraluminale) o funzionale (linite plastica, carcinosi) a seconda del setting clinico. La malattia si associa a un impatto significativo sulla qualità di vita, sulla nutrizione, sull’idratazione e sulla percezione di autonomia della persona malata, innescando spesso ricoveri ripetuti, uso di sondini, infusioni prolungate e decisioni complesse su obiettivi di cura e luogo di assistenza. In questo scenario, l’integrazione precoce delle Cure Palliative consente un approccio strutturato, multidimensionale e proporzionato, con benefici documentati su controllo sintomi, qualità di vita, discussioni di pianificazione anticipata delle cure e transizione appropriata in hospice quando indicato.
Prime 24–48 ore: protocollo integrato
Imposta un protocollo integrato con Octreotide antiscretore, anticolinergico (N-butilbromuro di ioscina) e antiemetico centrale (Aloperidolo), più analgesia titolata. Preferisci SC/EV in infusione continua. SNG solo come ponte nei vomiti incoercibili, poi rimozione precoce.
Quale vuole essere lo scopo di questa valutazione? Ho voluto proporre una guida pratica hospital-based per la gestione palliativa dell’occlusione intestinale maligna, focalizzata su valutazione prognostica, triage clinico, regimi farmacologici integrati nelle prime 24–48 ore, indicazioni e selezione delle tecniche di decompressione, gestione di idratazione e nutrizione e criteri per sedazione palliativa proporzionata nei sintomi refrattari tenendo conto delle informazioni presenti in letteratura scientifica. Vogliamo inoltre proporre un modello operativo di integrazione ospedaliera (“MBO-PC bundle”) per attivare in modo sistematico il team di Cure Palliative alla comparsa dell’ostruzione, promuovere la Advance Care Planning (ACP) e facilitare il passaggio in hospice quando coerente con i goals of care.
Attenzione ai procinetici
Evitare procinetici nelle occlusioni complete. Considerarli solo se il quadro è parziale o da dismotilità, senza dolore colico. Aggiusta gli antiemetici in base all’eziologia prevalente.
Evidenze: qualità di vita, pianificazione anticipata, transizione in hospice Nel contesto dell’occlusione gastrointestinale maligna (GIO/MBO), l’attivazione delle Cure Palliative durante il ricovero si associa a un incremento significativo delle discussioni di Advance Care Planning, dei cambi di code status verso DNR quando appropriati, delle procedure non chirurgiche e della dimissione in hospice, oltre a un maggiore coinvolgimento di figure interdisciplinari quali spiritual care, psicologia/psichiatria, nutrizione, fisioterapia e assistenza sociale. In uno studio osservazionale su 114 pazienti con GIO maligna, la consulenza palliativa è stata associata ad ACP documentata nel 64% contro il 29% senza consulenza, a variazione del code status nel 30% contro il 2%, a più frequenti interventi non chirurgici (46% vs 11%) e a dimissione in hospice nel 30% contro il 7%, con p valori altamente significativi. La letteratura citata dallo stesso gruppo evidenzia inoltre, in più trial randomizzati su oncologia avanzata, i benefici dell’integrazione palliativa precoce su qualità di vita, sintomi, distress emotivo, e la maggiore appropriatezza della cura di fine vita con riduzione di interventi invasivi non proporzionati. Tali risultati rafforzano la raccomandazione di considerare la PC come componente standard del percorso oncologico, e in modo specifico nei pazienti con MBO o candidati a stent palliativi o gastrostomia di scarico.
Stratificazione e prognosi
Usa NECPAL per intercettare bisogni palliativi e PPI, PaP, D-PaP per stimare sopravvivenza a breve termine. Integra performance, carcinosi/ascite, albumina, comorbidità e complicanze nelle decisioni operative.
Ruoli professionali e valore dell’interdisciplinarità La gestione dell’occlusione maligna richiede un coordinamento reale tra team chirurgico, oncologico, gastroenterologico, radiologico interventistico e Cure Palliative. Il medico palliativista orchestra il controllo sintomi, la definizione degli obiettivi di trattamento e l’ACP, allineando aspettative e piano terapeutico con persona e famiglia. La nutrizione clinica valuta precocemente rischio e potenziale beneficio di supporti nutrizionali, riducendo pratiche poco utili nei casi in cui la prognosi e la fisiopatologia non lo giustificano. Il fisioterapista interviene su mobilizzazione, risparmio energetico e prevenzione delle complicanze da immobilità; lo psicologo sostiene elaborazione emotiva e coping; l’assistente sociale facilita reti di supporto, pratiche e dimissioni complesse; lo spiritual care intercetta bisogni esistenziali. L’approccio interdisciplinare, quando attivato con consulenza palliativa, mostra nella pratica tassi più alti di attivazione dei vari servizi, confermando un vantaggio organizzativo e clinico rispetto alla gestione standard centrata sul singolo reparto.
Decompressione: come orientarsi
Stent duodenale: sollievo rapido ma rischio di riocclusione; utile con aspettativa di vita breve o performance scadente. EUS-GE con LAMS: opzione minimamente invasiva potenzialmente più duratura in selezionati. PEG di scarico: indicata se stent/GEA non praticabili, per controllare nausea-vomito refrattari.
Diagnosi e inquadramento clinico L’inquadramento deve essere rapido e centrato sui bisogni. Clinicamente, l’associazione di vomito a getto o fecaloide, alvo chiuso, dolore crampiforme e distensione indirizza verso occlusione meccanica; il dolore continuo, la nausea persistente con secrezioni e il contesto di carcinosi o linite plastica orientano verso componenti funzionali. La radiologia (TC con mdc) definisce sede, livello e natura del blocco, valuta peritoneo, ascite, metastasi, possibile punto di transizione e complicanze come perforazione o ischemia. Nella pratica palliativa, uno scopo chiaro è distinguere le occlusioni potenzialmente passibili di un gesto endoscopico o chirurgico palliativo da quelle ad alto rischio o a prognosi molto breve in cui prevale l’obiettivo di controllo sintomi e comfort. Manuali clinici ospedalieri sottolineano come evitare procinetici nelle occlusioni complete e come tarare gli antiemetici sull’eziologia predominante dei sintomi; per le occlusioni parziali e le forme da dismotilità si può aggiustare il trattamento in senso procinetico con prudenza.
Intercettare precocemente i bisogni palliativi in reparto La segnalazione precoce si fonda su due pilastri: il sospetto clinico-prognostico e strumenti validati. Il NECPAL supporta l’identificazione dei pazienti con elevata probabilità di decesso entro dodici mesi o con bisogni palliativi attivi, integrando la “surprise question” con criteri generali di peggioramento e specifici di patologia. È utile nei reparti medici e chirurgici per selezionare chi necessita di valutazione palliativa specialistica. La valutazione prognostica si completa con indici validati in italiano: PPI (che include PPS, apporto orale, edema, dispnea e delirium) per la stima a breve e medio termine; PaP e D-PaP (che aggiunge il delirium) per stratificare il rischio a 30 giorni. Questi strumenti sono indicati dall’EAPC come tra i più accurati per l’oncologia avanzata e guidano scelte come setting di cura, intensità dei trattamenti e tempismo delle discussioni di fine vita.
La stratificazione integra performance status, burden metastatico, carcinosi con ascite, albumina, comorbidità e presenza di complicanze (perforazione, ischemia), oltre al pattern sintomatico. Il PPI >6 indica sopravvivenza <3 settimane; >4 <6 settimane; ≤4 >6 settimane; il PaP classifica tre gruppi con probabilità di sopravvivenza a 30 giorni decrescente, e il D-PaP rafforza il potere discriminante introducendo il delirium. Questi dati, letti con il quadro clinico e con la volontà della persona, aiutano a decidere se perseguire una decompressione invasiva, puntare su una gastro/enterostomia endoscopica o privilegiare una strategia farmacologica e di comfort con eventuale PEG di scarico.
Trattamento sintomatico: il “pacchetto” delle prime 24–48 ore Nelle prime 24–48 ore occorre impostare un protocollo integrato, somministrando terapie per via parenterale (preferibilmente sottocutanea in infusione continua o EV), per aggirare l’assorbimento alterato e stabilizzare rapidamente nausea, secrezioni e dolore. Raccomandazioni cliniche consolidate indicano l’impiego di Octreotide come antiscretore di prima linea, associato a un anticolinergico e a un antiemetico centrale, con analgesia a titolazione rapida. L’Octreotide riduce le secrezioni e la distensione, consente spesso la rimozione del SNG dopo alcuni giorni e può essere associato ad infusioni di Aloperidolo e N-butilbromuro di ioscina; una volta controllati i sintomi, si può scalare su ioscina per ragioni di costo/beneficio. L’antiemetico di scelta nelle occlusioni complete è l’Aloperidolo; la metoclopramide si usa solo nelle occlusioni parziali o nelle dismotilità senza dolore colico. Il Desametasone contribuisce all’antiemetesi e alla riduzione dell’edema peritumorale. Tutta la terapia, quando possibile, va veicolata in elastomero SC o infusione continua EV, con boli al bisogno ben documentati.
Componenti principali del protocollo farmacologico Octreotide. Inizio a 0,1–0,2 mg/die SC ogni 8 ore oppure 0,3–0,6 mg/die in infusione continua, con incremento graduale fino a 1,2 mg/die in base al controllo sintomi; compatibile nella stessa siringa con Aloperidolo e N-butilbromuro di ioscina; indicato soprattutto nelle occlusioni ad alta componente secretoria. Anticolinergico. N-butilbromuro di ioscina in infusione continua SC, con dosi iniziali spesso ≥ 60 mg/die quando in monoterapia; dosaggio massimo 240 mg/die; utile sia per l’azione antiscretoria che antispastica, con ampia esperienza di compatibilità nelle miscele sottocutanee in CP. Antiemetico centrale. Aloperidolo a basse dosi titolate, per via SC/EV/IM con boli ripetuti fino a controllo; in molte realtà è raccomandato in prima linea nelle occlusioni maligne per nausea ad origine tossica. Attenzione agli aspetti regolatori e alla gestione del rischio di QT: il suo uso a basse dosi in SC/EV come antiemetico è ampiamente consolidato in CP e oggetto di proposte formali di inclusione in elenchi ex 648/96, con razionale clinico e bibliografico a supporto. Corticosteroide. Desametasone 8–16 mg/die IM/EV per 7–10 giorni, poi scalare; utile su nausea, edema e possibile “finestra” di canalizzazione nelle forme parziali o subocclusive. Analgesia. Per dolore continuo moderato-severo, oppioide transdermico o SC/EV con titolazione; per dolore colico, aggiungere anticolinergico. Adeguare del 25–50% se paziente già in terapia con oppioidi; impostare rescue chiari e registrati. Procinetici. Evitare procinetici nelle occlusioni complete; considerarli solo nelle forme parziali o da dismotilità, con dosi frazionate e sorveglianza del dolore colico.
Decompressione: stent, EUS-GE, gastrostomia di scarico, SNG Il posizionamento di SNG ha un ruolo di ponte: misura d’urgenza e temporanea in caso di vomito incoercibile e grande dilatazione gastrica, o come supporto in attesa dell’effetto degli antiscretori; l’uso prolungato va riservato ai casi refrattari alle terapie ben condotte e non candidabili a gastrostomia. La gestione deve essere rispettosa del comfort, con indicazioni chiare al paziente, aspirazione preferibilmente “a caduta” o intermittente dolce e cura quotidiana del sondino. La PEG di scarico offre sollievo rapido dalla nausea-vomito refrattari quando stent o chirurgia non sono praticabili; consente in molti casi di evitare SNG a lungo termine e perfino di mantenere piccoli piaceri per bocca con aspirazione post-pasto, se tollerati. Va controindicata in ipertensione portale, ascite importante, rischio emorragico maggiore, carcinosi massiva e condizioni post-chirurgiche superiori specifiche; in assenza di alternative, si possono valutare tecniche percutanee dedicate. Negli outlet gastrici neoplastici, lo stent duodenale consente sollievo più rapido, minori giorni di degenza e ripresa precoce dell’alimentazione rispetto al bypass; tuttavia comporta rischio di migrazione, decubito, perforazione e un tempo alla riocclusione talora breve. I modelli completamente coperti sono rimovibili ma migrano di più, i non coperti fissano meglio ma sono più esposti all’ingrowth. Le reti oncologiche regionali propongono lo stent per pazienti con aspettativa di vita limitata o performance scadente, mentre la gastro-digiuno-anastomosi chirurgica è preferibile in selezionati con buone condizioni e opzioni sistemiche attive, pur con recidiva ostruttiva più bassa a lungo termine. Negli ultimi anni la EUS-GE con LAMS è emersa come opzione minimamente invasiva potenzialmente più duratura dello stenting duodenale, con profilo di eventi avversi inferiore rispetto alla GEA chirurgica in contesti selezionati, inclusa la carcinomatosi.
Idratazione, nutrizione e sedazione palliativa L’idratazione va personalizzata: nelle fasi iniziali, soprattutto con vomito incoercibile, è ragionevole un supporto EV/SC per prevenire disidratazione sintomatica, evitando sovraccarichi che aumentano le secrezioni. La nutrizione artificiale va ponderata rispetto a prognosi, sede dell’ostruzione, potenziale reversibilità e obiettivi di cura: nei quadri di MBO refrattario con prognosi breve, l’indicazione alla nutrizione parenterale totale è rara; in selezionati a prognosi più favorevole e con obiettivi consoni, può rappresentare un ponte temporaneo concordato in équipe. L’intervento del servizio di dietetica/dietologia andrebbe attivato precocemente per prevenire deperimento e per allineare le aspettative su obiettivi realistici. Quando la nausea-vomito rimane refrattaria nonostante protocollo ottimizzato, decompressione appropriata e adeguamento analgesico-ansiolitico, la sedazione palliativa proporzionata è eticamente e clinicamente indicata. Il midazolam è il sedativo di prima scelta, in bolo di induzione con titolazioni ripetibili e quindi in infusione continua SC/EV; il monitoraggio del livello di sedazione con RASS ogni 3–6 ore guida gli aggiustamenti, nel rispetto dell’intenzione terapeutica (controllo della sofferenza da sintomo refrattario, non abbreviazione della vita). Le raccomandazioni nazionali e il quadro normativo (L. 219/2017) ne confermano la liceità in caso di prognosi a breve termine o morte imminente, dopo consenso informato e con documentazione accurata.
Sedazione palliativa: quando e come
Sedazione palliativa proporzionata solo per sintomi refrattari nonostante trattamenti adeguati, con consenso e monitoraggio. Approfondisci: sedazione palliativa.
Algoritmo clinico “stepwise” in reparto Il percorso pratico può essere descritto in cinque passaggi sequenziali. Primo: stabilizzazione e valutazione rapida, con correzione di disidratazione ed elettroliti, analgesia, antiemetici appropriati, Octreotide e anticolinergico in infusione continua SC/EV; SNG se vomito incoercibile e grande distensione. Secondo: imaging di conferma e localizzazione, con valutazione condivisa tra chirurgia, endoscopia e PC su fattibilità di stent, EUS-GE o chirurgia palliativa. Terzo: riconsiderazione a 24–48 ore dei goals of care, alla luce della risposta sintomatica e dei punteggi prognostici (PPI/PaP) e del NECPAL per l’attivazione definitiva del percorso palliativo. Quarto: scelte di decompressione definitiva (stent/EUS-GE/PEG di scarico) o continuazione del solo trattamento farmacologico, insieme a pianificazione di luogo di cura e follow-up (territorio, hospice). Quinto: nei sintomi refrattari non controllati, valutazione e attivazione della sedazione palliativa proporzionata, con tracciabilità degli eventi clinici, consenso e rimodulazione terapie di supporto.
Integrazione in ospedale: come attuare il modello Proponiamo un “MBO-PC bundle” operativo, attivato alla diagnosi o al forte sospetto di occlusione maligna in reparto. Il bundle include: consulto palliativo entro 24 ore, con valutazione multidimensionale; comunicazione strutturata con persona e familiari su obiettivi e scenari; applicazione del pacchetto farmacologico 24–48 ore con set di ordini precompilati; triage endoscopico-chirurgico con criteri condivisi; attivazione di nutrizione clinica e fisioterapia; coinvolgimento precoce di psicologia, assistenza sociale e spiritual care; discussione di ACP e DNR quando indicato; pianificazione della transizione a hospice o domicilio in caso di risposta parziale e prognosi breve. Nello studio citato, l’attivazione palliativa è risultata associata a tassi più alti di ACP, DNR e hospice, oltre a più consulti interdisciplinari, confermando che il “trigger” MBO è una finestra per integrare stabilmente la PC nella care pathway.
Strategie per favorire ACP e passaggio in hospice La discussione precoce, onesta e proporzionata dei possibili esiti dell’MBO, inclusa la probabilità di recidiva e le limitazioni dei trattamenti invasivi, facilita scelte consapevoli. L’ACP dovrebbe comprendere preferenze su rianimazione, ventilazione, nutrizione artificiale, luogo di cura e limiti ragionevoli dell’intervento. L’esperienza mostra che una comunicazione sistematica, in un contesto di équipe, aumenta i tassi di ACP e le decisioni DNR appropriate e semplifica la transizione all’hospice quando gli obiettivi passano a comfort e qualità di vita.
Formazione del personale e collaborazione multidisciplinare Serve un programma essenziale e ripetibile: moduli brevi per reparti chirurgici e medici su riconoscimento precoce dei bisogni palliativi (NECPAL), uso dei punteggi prognostici (PPI/PaP/D-PaP), protocolli farmacologici in elastomero, indicazioni/controindicazioni di stent, EUS-GE e PEG, principi di sedazione palliativa proporzionata, comunicazione difficile e ACP. La formalizzazione di ordini precompilati e checklist interservizio riduce la variabilità e accelera le decisioni di qualità. Manuali locali e raccomandazioni SICP/EAPC offrono una base strutturata per questi percorsi.
Outcome atteso Dati recenti in pazienti con GIO maligna documentano che la consulenza palliativa si associa non solo a una migliore attivazione interdisciplinare, ma a maggiori tassi di ACP e di dimissioni in hospice quando clinicamente coerenti. Non tutte le metriche di utilizzo sanitario migliorano se la consulenza avviene “tardi”, al momento dell’ostruzione; questo conferma la necessità di un’integrazione realmente precoce lungo il decorso oncologico, non solo reattiva in acuto. La direzione, però, è chiara: l’MBO è un’opportunità concreta per inserire stabilmente le Cure Palliative nel percorso di questi pazienti e rafforzare la qualità percepita da persone e famiglie.
E le Limitazioni? Le barriere includono la percezione della consulenza palliativa come “segnale di rinuncia”, la frammentazione tra reparti, la scarsa familiarità con protocolli SC/EV in elastomero e la mancanza di criteri condivisi per stent, EUS-GE e PEG. Le soluzioni pratiche sono la definizione di un trigger formale (diagnosi di MBO = consulto PC entro 24 ore), la disponibilità di order set standard per il pacchetto 24–48 ore, la calendarizzazione settimanale di una MBO board rapida multidisciplinare e la formazione mirata di chirurghi, gastroenterologi e internisti su ACP e sedazione palliativa proporzionata, insieme alla raccolta di indicatori semplici di processo e esito (tempo al consulto PC, tasso ACP/DNR, tasso hospice, soddisfazione pazienti/famiglie).
Caso clinico esemplificativo Donna, 68 anni, carcinoma ovarico platino-resistente con carcinosi peritoneale e ascite moderata, performance PPS 50%. Ricovero per vomito biliare incoercibile, alvo chiuso da 48 ore, dolore colico intermittente. TC: occlusione di piccolo intestino a più livelli senza segni di ischemia; versamento ascitico; metastasi epatiche millimetriche. Alla presa in carico, idratazione attenta, analgesia con ossicodone SC in elastomero con rescue EV, Octreotide 0,6 mg/die SC in infusione, N-butilbromuro di ioscina 80–120 mg/die SC in elastomero, Aloperidolo 0,5–1 mg SC ripetibile fino a controllo, Desametasone 8 mg/die EV. Posizionato SNG per 36 ore con aspirazione a caduta, poi rimosso dopo stabilizzazione. Discussione collegiale con endoscopia: stent non indicato per stenosi multiple, indicata PEG di scarico; eseguita con buon esito. Consulenza palliativa entro 24 ore: ACP, DNR, pianificazione dimissione verso hospice. Dimessa in quinta giornata, nausea controllata, dolore moderato gestito in hospice.
Appendice: dosaggi e note operative (uso clinico) Octreotide. Avvio a 0,1–0,2 mg SC ogni 8 ore oppure 0,3–0,6 mg/die in infusione continua SC/EV; incremento fino a 1,2 mg/die se necessario. È possibile la co-infusione nella stessa siringa con Aloperidolo e N-butilbromuro di ioscina. Quando i sintomi si stabilizzano, valutare switch o riduzione, mantenendo l’anticolinergico se prevale la componente secretoria. N-butilbromuro di ioscina. In infusione continua SC; nelle esperienze cliniche servono spesso almeno 60 mg/die quando in monoterapia; dosi fino a 240 mg/die sono riportate, con monitoraggio degli effetti anticolinergici. Ampia compatibilità fisico-chimica nelle miscele sottocutanee in contesto palliativo. Aloperidolo. Per nausea ad origine tossica o mista in MBO, start 0,5–1 mg SC/EV/IM, ripetibile ogni 30–60 minuti fino a controllo, poi mantenimento frazionato; attenzione al QT e all’interazione con altri farmaci. L’uso a scopo antiemetico a basse dosi in CP è consolidato e oggetto di dossier per uso off-label regolato ex 648/96. Corticosteroidi. Desametasone 8–16 mg/die EV/IM per 7–10 giorni, poi scalare. Procinetici. Metoclopramide 10–60 mg/die solo nelle forme parziali o da dismotilità e in assenza di dolore colico; evitare procinetici nella completa. Analgesia. Se naïve a oppioidi, considerare fentanile TTS 12 mcg/h o equianalgesici SC/EV; se già in terapia, incremento del 25–50% con piani di rescue chiari e registrati.
Messaggio chiave e call to action organizzativa L’occlusione intestinale maligna non è solo una complicanza difficile: è una finestra concreta per integrare efficacemente le Cure Palliative in ospedale. Attivare un bundle MBO-PC alla diagnosi, impostare un pacchetto farmacologico strutturato in 24–48 ore, decidere insieme la strategia di decompressione e promuovere subito ACP e obiettivi di cura condivisi cambia il percorso: più qualità di vita, meno variabilità, più coerenza tra terapie e valori della persona, più hospice quando serve davvero.
Riferimenti principali utilizzati nel testo – Manuali clinici e raccomandazioni ospedaliere su prognosi, NECPAL, antiemetici e gestione dell’occlusione intestinale, inclusi PPI, PaP e D-PaP, con indicazioni pratiche su analgesia, procinetici e sedazione palliativa proporzionata. – Raccomandazioni su Octreotide, anticolinergici e miscele SC compatibili (inclusa co-infusione con Aloperidolo e N-butilbromuro di ioscina), con dosi operative e indicazioni di switch verso ioscina a controllo sintomi. – Documenti regionali e di rete oncologica su stent, gastrojejunoanastomosi chirurgica, EUS-GE con LAMS e PEG di scarico, con comparazione di durabilità ed eventi avversi. – Studio su GIO maligna che collega la consulenza palliativa a maggiori tassi di ACP, DNR, hospice e consulti interdisciplinari, definendo la GIO come trigger per PC.
