Morfina e dispnea: facciamo chiarezza

Parlare di morfina dispnea significa distinguere due piani: la causa della dispnea e la sua percezione. La morfina non “cura” la patologia di base; modula la percezione del respiro e lo “sforzo” respiratorio attraverso vie centrali e una lieve riduzione della risposta ventilatoria agli stimoli chimici. Per questo può essere utile quando la dispnea resta elevata nonostante la terapia ottimale e gli interventi non farmacologici. In oncologia e nella dispnea cronica refrattaria è considerata un’opzione appropriata, se selezionata e monitorata con criterio. :contentReference[oaicite:0]{index=0}

Morfina per la dispnea refrattaria: evidenze e sicurezza

Perché può aiutare

La dispnea è anche un’esperienza percettiva. Gli agonisti μ-oppiacei modulano le reti che integrano affanno, ansia e sforzo, riducendo il “drive” respiratorio in eccesso e migliorando la tolleranza allo sforzo. Studi fisiologici mostrano beneficio sull’affanno durante test da sforzo; nella vita quotidiana gli esiti sono più eterogenei, con alcuni miglioramenti e altri neutri, ma con un profilo di sicurezza accettabile a basse dosi. :contentReference[oaicite:1]{index=1}

Cosa dicono le evidenze e le linee guida

Nella dispnea oncologica, società scientifiche raccomandano oppioidi sistemici quando misure non farmacologiche non bastano. Nell’BPCO, l’ATS propone di “considerare” oppioidi in dispnea avanzata refrattaria dopo terapia ottimizzata (raccomandazione condizionata, evidenza bassa). Trial randomizzati con morfina a basse dosi hanno mostrato miglioramenti dello stato di salute o del “peggior respiro” in sottogruppi severi, senza incremento di CO₂; altri RCT non hanno confermato un beneficio clinico significativo nella prima settimana. Il quadro quindi è di utilità selettiva, con attenta scelta dei pazienti e obiettivi realistici. :contentReference[oaicite:2]{index=2}

Come si usa in pratica (principi clinici)

L’approccio è graduale. Prima si correggono cause trattabili e si ottimizza la terapia di fondo; in parallelo si attivano misure non farmacologiche (ventilatore/ventaglio sul volto, posizione seduta in avanti, training del respiro). Nella dispnea refrattaria si valuta la morfina a basse dosi, con titolazione lenta e rivalutazione stretta di efficacia e tollerabilità. Nei trial si sono usati regimi a rilascio prolungato (10–30 mg/die nei pazienti opioid-naïve) o a pronto rilascio in dosi molto piccole per episodi brevi; la scelta dipende dal pattern (a riposo vs da sforzo, persistente vs episodico), comorbidità e setting (domicilio, hospice). L’obiettivo non è “zero dispnea”, ma riduzione percepita e miglioramento funzionale accettabili. :contentReference[oaicite:3]{index=3}

Sicurezza: cosa monitorare

A dosi basse, nei trial non si è osservato incremento del rischio di ipoventilazione o ipercapnia; restano comunque fondamentali selezione, educazione e monitoraggio clinico. Attenzione a sedazione e stipsi (profilassi), nausea, prurito. Cautela in insufficienza renale (accumulo di metaboliti), epatica avanzata e in contesti di ipercapnia acuta non compensata; valutare interazioni farmacologiche e l’uso contemporaneo di benzodiazepine, che non sono di prima linea per la dispnea se non in presenza di ansia/panico refrattari. :contentReference[oaicite:4]{index=4}

Crisi di dispnea: lavoro in squadra

Nelle crisi si trattano cause reversibili, si stabilizza il paziente, si lavora sul respiro e sull’ansia, si evita ossigeno non mirato nei soggetti a rischio di ritenzione di CO₂. La morfina può far parte del pacchetto palliativo nelle crisi della dispnea refrattaria, integrata con comunicazione, definizione degli obiettivi e raccordo con rete territoriale o hospice quando indicato. :contentReference[oaicite:5]{index=5}

Nota clinica. Le informazioni qui riportate sono per medici e caregiver esperti; non sostituiscono il giudizio clinico sul singolo caso e i protocolli locali.

Contenuto a cura del Dr. Francesco Paolo De Lucia.

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